Superbonus 110% non spettante: il fornitore risponde solo se ha concorso alla violazione

Superbonus 110% non spettante: il fornitore risponde solo se ha concorso alla violazione

I destinatari degli esiti dei controlli in materia di superbonus sono i beneficiari della detrazione (cioè coloro che sostengono le spese agevolate) e i fornitori in solido, nel caso di concorso nella violazione. Lo ha confermato l’Amministrazione finanziaria in risposta a una interrogazione parlamentare. Come emerge dalla circolare n. 24/E/2020, il fornitore che acquisisce il credito in buona fede non perde il diritto a utilizzare il credito d’imposta, che sarà recuperato nei confronti del beneficiario. Inoltre, la non veridicità delle attestazioni o asseverazioni comporta la decadenza dal beneficio e i soggetti danneggiati potranno adire le vie legali per ottenere il risarcimento del danno subito, garantito dalla polizza di assicurazione obbligatoria per i soggetti che rilasciano le attestazioni e le osservazioni.

Controlli
Nell’ambito dell’ordinaria attività di controllo l’Agenzia delle Entrate procede, in base a criteri selettivi e tenendo anche conto della capacità operativa degli uffici, alla verifica documentale della sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione, entro gli ordinari termini di decadenza (art. 121, comma 4, D.L. n. 34/2020), vale a dire:
– 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione in cui si è fruito della detrazione (art. 43, D.P.R. n. 600/1973);
– 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello dell’utilizzo, nell’ipotesi di atto di recupero emesso in presenza di crediti inesistenti utilizzati in compensazione (art. 27, commi da 16 a 20, D.L. n. 185/2008).
Sanzioni e responsabilità
Gli aspetti relativi alle sanzioni e alle responsabilità sono stati esaminati sia dalla circolare n. 24/E dell’8 agosto 2020 sia nella risposta all’interrogazione n. 5-04585 presentata alla Camera dei Deputati.
Leggi anche Superbonus 110%: 5 anni per notificare gli accertamenti
Qualora sia accertata la mancata sussistenza, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione d’imposta, l’Agenzia delle Entrate provvede al recupero dell’importo corrispondente alla detrazione non spettante nei confronti del beneficiario della detrazione stessa (art. 121, comma 5), maggiorata degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo (art. 20 del D.P.R. n. 602/1973) e della sanzione per omesso o tardivo versamento (art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997).
Nel caso di concorso nella violazione (art. 9, comma 1, D.Lgs. n. 472/1997) il fornitore che ha applicato lo sconto e il cessionario del credito rispondono solidalmente (con il beneficiario della detrazione):
– della sanzione (ai sensi del citato art. 9, comma 1);
– della detrazione illegittimamente operata e dei relativi interessi (art. 121, comma 6, del D.L. n. 34/2020).
Come ha precisato la risposta all’interrogazione, “i destinatari degli esiti del controllo sono, quindi, i beneficiari della detrazione (i soggetti che sostengono le spese agevolate), ovvero anche i fornitori in solido nel caso di concorso nella violazione”.
Al di fuori dell’ipotesi di “concorso”, i fornitori e cessionari “rispondono solo per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d’imposta ricevuto” (così il provvedimento di attuazione del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 8 agosto 2020, punto 7).
Per la configurabilità del concorso di persone, valgono i criteri generali in materia sanzionatoria, per cui è richiesto l’accertamento del “contributo” di ciascun concorrente alla realizzazione della violazione, cioè la concreta capacità di favorire la violazione stessa (C.M. n. 180/E del 10 luglio 1998).
Casistica
Nel caso di detrazione fruita direttamente dal beneficiario nella dichiarazione annuale di competenza, il recupero fiscale avverrà, ovviamente, nei confronti del fruitore, ferma restando la responsabilità solidale del fornitore in caso di concorso.
Nel caso di opzione per lo sconto in fattura, la procedura prevede che il beneficiario della detrazione riceva un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, di importo massimo non superiore al corrispettivo stesso.
Tale contributo viene anticipato dal fornitore di beni e servizi relativi agli interventi agevolati. Il fornitore, poi, recupera il contributo anticipato come credito d’imposta di importo pari alla detrazione spettante, con facoltà di successive cessioni di tale credito ad altri soggetti, ivi inclusi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari.
Ad esempio
La spesa sostenuta è pari a 30.000 euro.
La detrazione è pari a 33.000 euro (110% di 30.000).
Il fornitore effettua uno sconto di 30.000 euro, in quanto lo sconto non può essere superiore al corrispettivo dovuto (in sostanza, il beneficiario non pagherà nulla) maturando un credito d’imposta pari a 33.000 euro.
Nel caso in cui sia accertata la mancata sussistenza, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione d’imposta, secondo quanto emerge dal provvedimento dell’8 agosto 2020:
a) l’Agenzia delle entrate provvede al recupero dell’importo corrispondente alla detrazione non spettante, maggiorato di interessi e sanzioni, nei confronti dei beneficiari della detrazione. Nel caso in esame, il recupero riguarderà l’importo di 33.000 €, oltre a sanzioni ed interessi;
b) il fornitore o il cessionario che acquisisce il credito in buona fede non perde il diritto ad utilizzare il credito d’imposta (nel nostro esempio, 33.000€) (cfr. circolare n. 24/E, par. 9).
Il fornitore o il cessionario sarà coinvolto solo in due casi:
– se l’Ufficio accerta il concorso nella violazione, ai sensi dell’art. 9, comma 1, del D.Lgs. n. 472/1997;
– per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d’imposta ricevuto (ad esempio, il fornitore compensa 35.000€ anziché 33.000€).
Tale seconda ipotesi, in realtà, non riguarda tanto la fruizione dei superbonus quanto il corretto utilizzo di crediti d’imposta in compensazione, tant’è che nella risposta alla citata interrogazione parlamentare non se ne fa cenno e si limita a ribadire la responsabilità di fornitori e cessionari solo nell’ipotesi di “concorso nella violazione”.
Attestazioni e asseverazioni
L’art. 119, comma 14, stabilisce che, ferma restando l’applicazione delle sanzioni penali ove il fatto costituisca reato, ai soggetti che rilasciano attestazioni e asseverazioni infedeli si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 15.000 euro per ciascuna attestazione o asseverazione infedele resa.
I soggetti che rilasciano attestazioni ed asseverazioni sono tenuti a stipulare una polizza di assicurazione della responsabilità civile, con massimale adeguato al numero delle attestazioni o asseverazioni rilasciate e agli importi degli interventi oggetto delle predette attestazioni o asseverazioni e, comunque, non inferiore a 500.000 euro, al fine di garantire ai propri clienti e al bilancio dello Stato il risarcimento dei danni eventualmente provocati dall’attività prestata.
Poiché la non veridicità delle attestazioni o asseverazioni comporta la decadenza dal beneficio, la risposta all’interrogazione chiarisce che “i soggetti danneggiati da una attestazione o asseverazione infedele hanno, quindi, la possibilità di adire le vie legali per ottenere il risarcimento del danno subito, garantito dalla polizza di assicurazione stipulata a tal fine per obbligo di legge dai soggetti che rilasciano le attestazioni e le osservazioni”.
Resta fermo che l’accertamento di una attestazione o di una asseverazione infedele comporta l’immediato recupero della detrazione in capo al beneficiario, unitamente agli interessi (per quanto riguarda le sanzioni, queste, a seconda delle circostanze, potrebbero non trovare applicazione per carenza dell’elemento soggettivo) mentre per rivalersi sul soggetto che ha rilasciato l’attestazione o l’asseverazione infedele dovrà avviare una causa civile.