Finanziamenti dei soci: Prova di non onerosità in capo al socio

Finanziamenti dei soci: Prova di non onerosità in capo al socio

I versamenti dei soci alla società si presumono onerosi, e non fa differenza che siano fatti dal socio persona fisica o dal socio imprenditore, non facendo la norma cenno alcuno ad una pretesa natura di persona solo fisica” dei soci destinatari della presunzione ed essendo tale limitazione, in carenza di qualsivoglia concreto elemento di differenziazione, contraria ad una interpretazione normativa coerente con i precetti dettati dagli articoli 3 e 53, Costituzione, in quanto finirebbe per trattare diversamente situazioni economiche identiche. L’onerosità del versamento è dunque presunta: ne consegue che, in caso di mancato superamento della presunzione legale, gli interessi attivi, al pari di quelli prodotti da qualsiasi finanziamento a terzi, concorrono a formare il reddito prodotto dall’impresa (individuale o collettiva), come espressamente previsto dal D.P.R. 917/1986, articolo 45, e confermato dall’articolo 95, nella parte in cui considera il reddito complessivo delle società quale reddito d’impresa “da qualsiasi fonte provenga”. Ciò detto, la presunzione di onerosità del prestito non è vincibile con ogni mezzo, ma soltanto nei modi e nelle forme tassativamente stabilite dalla legge, in particolare dimostrando che i bilanci allegati alle dichiarazioni dei redditi della società contemplavano un versamento fatto a titolo diverso dal mutuo. Conseguentemente, da un lato è irrilevante, per superare la presunzione, che le somme siano state utilmente investite, circostanza che non può di certo significare che sono state gratuitamente elargite dai soci; dall’altro la presunzione può essere vinta, come si è detto, solo in ragione di precisi elementi, ossia fornendo la dimostrazione richiesta della iscrizione in bilancio del versamento come fatta a titolo diverso dal mutuo (cfr. sentenze n. 16445/2009 e n. 12251/2010).
Cassazione – sentenza n. 17839 – 12 maggio 2016 – 9 settembre 2016